La Suprema Corte è recentemente tornata sul tema attualissimo del licenziamento ingiurioso, fattispecie di creazione giurisprudenziale idonea a costituire illecito civile con conseguente risarcimento dei danni patrimoniali e non patitti dal lavoratore.
Il licenziamento può definirsi ingiurioso quando per le forme, le modalità di attuazione, le espressioni utilizzate e per la pubblicità datane, determina un danno ingiusto che può concretarsi nella lesione del decoro, della dignità o della reputazione del lavoratore licenziato ovvero nel discredito della sua immagine o valore professionale.
Tale fattispecie mira quindi a tutelare beni giuridici diversi rispetto alla perdita del posto di lavoro ed è perciò cosa bene diversa dal licenziamento illegittimo, potendosi verificare anche in ipotesi di licenziamento legittimo e anche se i termini di impugnazione del licenziamento sono infruttuosamente scaduti.
Tale autonoma azione legittima, dunque, il lavoratore ingiuriato a domandare tutti i danni patiti in conseguenza di un comportamento ingiurioso da parte del datore posto in essere all’atto del licenziamento.
Di converso, potrà essere risarcito tanto il danno patrimoniale, ravvisabile nella perdità della capacità lavorativa o nella perdita di chance di lavoro presso altri datori, quanto il danno non patrimoniale ralativo alla lesione di diritti costituzionalmente garantiti, quali il diritto alla salute. (© Avv. Dario Avolio)