Diffondere falsamente la notizia che la società presso cui si lavora sta per chiudere può comportare conseguenze oltremodo pregiudizievoli per il lavoratore.
E’ quanto hanno statuito i giudici del Supremo Collegio che, in simili ipotesi, giustificano la piena legittimità del licenziamento inflitto dal datore di lavoro.
Il caso sotteso alla sentenza in oggetto (n. 4859 del 27 febbraio 2013) prende le mosse da un impugnazione di licenziamento effettuata da un lavoratore che aveva diffuso la notizia dell’imminente chiusura della società in cui era assunto.
Già in grado di Appello, il lavoratore era rimasto soccombente avendo i giudicanti ritenuto pienamente legittimo il licenziamento comminato per tale circostanza atteso che la notizia della (finta) chiusura era stata divulgata anche alla clientela e, di converso, aveva acquisito “una più ampia potenzialità di effetti” in ordine al danno di immagine per la datrice di lavoro. 
Il Supremo Collegio ha dunque confermato la precedente statuizione di secondo grado motivando che “l’eventuale attentato alla credibilità di un’impresa, attraverso dichiarazioni non veritiere, costituiva fatto idoneo a minare in radice il rapporto di fiducia ed affidamento che il datore di lavoro ha diritto di nutrire verso il proprio personale e che la inspiegabilità delle ragioni che avevano indotto il lavoratore a diffondere tali notizie non attenuava ma, anzi, aggravava la entità dell’illecito rendendo ineludibilmente compromessa la prosecuzione del rapporto”. (© Avv. Dario Avolio)