Sentenza di rilevante spessore quella emanata dagli ermellini lo scorso 22 luglio.
I Giudici del Supremo collegio, infatti, sono tornati sull’attualissimo tema delle morti bianche e dei danni patiti dai congiunti del lavoratore deceduto.
Con specifico riguardo al danno morale dovuto ai parenti della vittima, i massimi giudicanti hanno ritenuto non necessario che questi ultimi forniscano la prova specifica di averlo patito.
Tale prova, infatti è presunta in caso di decesso di un lavoratore familiare, semplicemente dallo stretto vincolo familiare che, già di per sè, può “costituire un utile elemento presuntivo su cui basare la prova dell’esistenza del menzionato danno morale”.
In tale ottica, allora, l’eventuale mancanza di convivenza dei danneggiati con il lavoratore deceduto non varrebbe ad escludere la risarcibilità del danno marale ma solo eventualmente a ridurne l’entità. (© Avv. Dario Avolio)