I Giudici della Sezione Lavoro del Palazzaccio sono recentemente tornati a pronunciarsi (Sent. n. 26239/2008) su un caso, reiteratosi di frequente anche negli ultimi tempi, in cui un dipendente, in sua assenza, aveva provveduto a farsi timbrare il cartellino dai colleghi.
Al riguardo la Cassazione ha ritenuto di adottare il pugno duro confermando il licenziamento seppur in assenza di un danno economico in concreto non derivato all’azienda da tale condotta.
Un simile inasprimento,da parte dei Giudici del Supremo Collegio, è motivato dalla considerazione che farsi timbrare da altri il cartellino si atteggia come indubbia violazione del dovere di fedeltà che deve, al contrario, essere il presupposto fondamentale su cui poggia il rapporto contrattuale tra datore e lavoratore.
Tale violazione dei canoni minimi di lealtà e buona fede nell’esecuzione del contratto di lavoro non può che sfociare, secondo la Cassazione, nella sanzione disciplinare più grave, ovvero il licenziamento.
Sulla scorta di tali motivi è’ stato confermato il licenziamento di una dipendente, impiegata presso una clinica di Torino, che aveva provveduto a farsi timbrare il cartellino da altra collega prima di fare ingresso nella struttura.
La donna, vistasi confermare il licenziamento in primo e secondo grado, aveva adito la Suprema Corte invocando una sanzione più lieve insistendo sul fatto che la timbratura, effettuata dalla collega, non aveva prodotto un danno economico concreto all’azienda.
Al riguardo la Cassazione ha ritenuto di adottare il pugno duro confermando il licenziamento seppur in assenza di un danno economico in concreto non derivato all’azienda da tale condotta.
Un simile inasprimento,da parte dei Giudici del Supremo Collegio, è motivato dalla considerazione che farsi timbrare da altri il cartellino si atteggia come indubbia violazione del dovere di fedeltà che deve, al contrario, essere il presupposto fondamentale su cui poggia il rapporto contrattuale tra datore e lavoratore.
Tale violazione dei canoni minimi di lealtà e buona fede nell’esecuzione del contratto di lavoro non può che sfociare, secondo la Cassazione, nella sanzione disciplinare più grave, ovvero il licenziamento.
Sulla scorta di tali motivi è’ stato confermato il licenziamento di una dipendente, impiegata presso una clinica di Torino, che aveva provveduto a farsi timbrare il cartellino da altra collega prima di fare ingresso nella struttura.
La donna, vistasi confermare il licenziamento in primo e secondo grado, aveva adito la Suprema Corte invocando una sanzione più lieve insistendo sul fatto che la timbratura, effettuata dalla collega, non aveva prodotto un danno economico concreto all’azienda.
La Corte non ha ritenuto, tuttavia, di condividere la linea difensiva sottolineando che “la ricostruzione dei fatti operata dal giudice di merito appare logica e coerente” giacchè, tali giudicanti hanno motivato facendo rifrimento alla “lesione del vincolo fiduciario a prescindere dal danno patrimoniale subito dalla societa”. (© Avv. Dario Avolio)