La giurisprudenza ha recentemente provveduto a catalogare le ipotesi in cui un licenziamento possa essere comminato per giusta causa.
Per definizione la giusta causa viene fatta coincidere con un comportamento grave, idoneo a minare la fiducia del datore di lavoro nel dipendente e nelle sue capacità di adempiere in futuro ai propri obblighi, rendendo necessaria la cessazione del rapporto di lavoro, senza alcun diritto di preavviso.
Da tale dictat, suffragato da numerosissime sentenze, discende che :
a) si ha giusta causa anche in mancanza di un comportamento doloso del lavoratore, purchè vi sia colpa grave;
b) non esclude di per sé la giusta causa la circostanza che il datore di lavoro non abbia subito danni;
c) i comportamenti idonei ad integrare la giusta causa non sono strettamente connessi allo svolgimento delle mansioni ben potendo rilevare atteggiamenti tenuti dal lavoratore fuori dal lavoro, purchè incidano sulla fiducia nell’idoneità del lavoratore a svolgere le mansioni affidategli, ovvero producano effetti negativi sull’immagine del datore;
d) possono costituire giusta causa anche condotte tenute dal lavoratore tempo addietro rispetto alle quali il datore sia stato tollerante;
e) lo scarso rendimento non integra di per sé giusta causa rilevando semmai quale giustificato motivo soggettivo ;
f) la giusta causa non può estendersi a circostanze ulteriori rispetto a quelle contestate e di cui il datore è venuto a conoscenza successivamente al recesso, le quali possono avere valore meramente confermativo. (© Avv. Dario Avolio)