Il Supremo Collegio è intervenuto nuovamente (sent. n. 28824, del 27 dicembre 2012) sulla possibilità per l’ex coniuge di chiedere l’assegno di mantenimento anche laddove sia regolarmente assunto e percepisca uno stipendio.
Gli Ermellini hanno quindi sancito tale diritto in capo al coniuge richiedente solo laddove, in costanza di matrimonio, il tenore di vita poteva essere definito di “media agiatezza” e, in conseguenza della rottura del vincolo coniugale, non è più possibile beneficiare di quei mezzi economici che consentano un tenore di vita analogo a quello avuto durante l’unione.
Il caso sotteso alla pronuncia prende le mosse da un ricorso presentato da un uomo per annullare l’ordinanza con cui il Giudice di prime cure aveva stabilito, a suo carico e in favore dell’ex moglie, la corresponsione di un assegno divorzile nonostante quest’ultima fosse regolarmente assunta.
La Suprema Corte da un semplice confronto delle dichiarazioni dei redditi, allegate al ricorso per separazione, ha rigettato il gravame motivando che “l’assegno divorzile deve essere comunque corrisposto in quanto esso trova il suo presupposto nell’inadeguatezza dei mezzi economici del coniuge richiedente e specificamente nella insufficienza dei medesimi a consentirgli un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio e nell’esigenza di un tendenziale ripristino della precedente condizione di equilibrio”.
Ciò è il riflesso di un divario accertato tra le capacità patrimoniali dei due coniugi che non consente di mantenere un tenore analogo a quello tenuto durante la vita coniugale.
(© Avv. Dario Avolio)