La Suprema Corte è recentemente intervenuta in tema di matrimonio analizzando le conseguenze del mancato rispetto della promessa eventualmente fatta dai nubendi prima della celebrazione.
A tal riguardo, nel ribadire che il nostro ordinamento non prevede un obbligo di contrarre matrimonio, anche a seguito della promessa, gli Ermellini hanno stabilito che l’ingiustificata rottura della stessa può far scattare una condanna al risarcimento dei danni.
Ciò a norma dell’art. 81 c.c. che testualmente recita: il “promittente” che senza giusto motivo ricusi di eseguire la promessa dovrà risarcire “il danno cagionato all’altra parte per le spese fatte e per le obbligazioni contratte a causa di quella promessa”.
Con tale decisione, in definitiva, i giudici di piazza Cavour confermano un orientamento preminente in Giurisprudenza limitando l’obbligazione risarcitoria alle sole spese affrontate in vista del matrimonio ed escludendo, di converso, tutte le componenti di danno classiche (biologico, morale, esistenziale) che non potranno essere domandate.
Tale tutela civilistica è azionabile, tuttavia, purchè la promessa sia stata fatta, a norma dell’art. 81, comma 1, vicendevolmente per atto pubblico o per scrittura privata e l’azione sia proposta entro un anno dal giorno del rifiuto di celebrare il matrimonio (art. 81, cpv). (© Avv. Dario Avolio)