Nella sentenza n. 20326 del 21 maggio 2008, gli ermellini della quinta sezione penale hanno previsto conseguenze estremamente pregiudizievoli per il dipendente pubblico che, nelle ore di lavoro, navighi su internet per fini personali.

In tal caso, infatti, lo statale potrebbe essere chiamato a rispondere del reato di peculato laddove l’amministrazione riesca a provare di aver subito un danno economico direttamente correlabile alla condotta del lavoratore e al conseguente venir meno del rapporto fiduciario con il lavoratore stesso.

La pronuncia prende le mosse da un caso pervenuto dalla Procura di Bari in cui un dipendente comunale, durante le ore d’ufficio, aveva scaricato da internet migliaia di files audio e video, di contenuto più svariato, masterizzando il tutto su cd.

In motivazione i Giudici del palazzaccio analizzano le finalità della norma sul peculato (art. 314 c.p.), che sarebbe posta a presidio “non solo del patrimonio della pubblica amministrazione ma anche del corretto andamento degli uffici della stessa basato sul rapporto di fiducia e lealtà col personale dipendente”.

Proprio sulla scorta di tali considerazioni, la condotta contestata al lavoratore si porrebbe, allora, in netto contrasto con il bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice con conseguente ascrivibilità a suo carico del reato contestato. (© Avv. Dario Avolio)