Chi in situazione di grave indigenza occupa abusivamente una casa popolare non commette reato.
A statuirlo è la Suprema corte che ha annullato con rinvio una decisione della Corte d’appello di Roma con cui il collegio giudicante aveva condannato una donna ad una multa di 600 euro ritenendola responsabile del reato di occupazione abusiva di immobili di proprietà dell’IACP.
Nello specifico i giudici di legittimità hanno costruito la motivazione intorno al paradigma dello stato di necessità di cui all’art. 54 c.p. perfettamente configurabile nel caso di specie attraverso un’ interpretazione estensiva del concetto di “danno grave alla persona” ed elusivo dell’antigiuridicità della condotta.
Dalle risultanze probatorie, infatti, era emerso che la donna era sola e con un figlio a carico e che le sue condizioni di indigenza non le permettevano «alcuna possibilità di rivolgersi al mercato libero degli alloggi».
La Cassazione, ricomprendendo nel concetto di “danno grave alla persona” non solo la lesione della vita o dell’integrità fisica, ma anche quelle situazioni che minacciano solo indirettamente l’integrità fisica in quanto si riferiscono alla sfera dei beni primari collegati alla personalità come il diritto all’abitazione, ha annoverato proprio tale ultimo diritto tra i «beni primari collegati alla personalità» che meritano di essere ricompresi tra i diritti fondamentali della persona, tutelati dall’articolo 2 della Costituzione.
Di conseguenza, i giudici del Supremo collegio  hanno concluso che l’occupazione abusiva di una casa, da parte di una persona indigente e in stato di necessità, possa ritenersi «giustificata» e non portare alla condanna penale. (© Avv. Dario Avolio)