La sesta sezione penale del Supremo Collegio si è recentemente soffermata sul delitto di maltrattamenti in famiglia e sui presupposti necessari per la sua configurabilità.
La massima in esame deriva dalla denuncia sporta da una donna nei confronti del coniuge per tre distinti episodi di violenza, di cui due nei confronti della stessa denunciante e uno nei confronti del figlio minore, verificatisi a distanza di circa un anno l’uno dall’altro.
Orbene da tali premesse la Cassazione ha escluso la configurabilità del delitto di maltrattamenti assumendo che, ricostruiti in tal modo i termini del caso sottoposto, “ non sembra possibile poterli complessivamente ricomprendere in un contesto unitario, normativamente connotato dalla figura di reato di maltrattamenti contro familiari e conviventi delineata dall’art. 572 c.p.
Il reato de quo, richiede, infatti, per la sua configurazione, una serie abituale di condotte che possono estrinsecarsi in atti lesivo dell’integrità psico-fisica, dell’onore, del decoro o do mero disprezzo e prevaricazione del soggetto passivo, attuati anche in un arco temporale ampio, ma entro il quale possono agevolmente essere individuati come espressione di un costante atteggiamento dell’agente di maltrattare o denigrare il soggetto passivo”.
Per tali ragioni, trattandosi di episodi isolati, gli stessi possono integrare singole fattispecie di reato ma non certo il delitto a carattere “abituale” di cui all’art. 572 c.p. (© Avv. Dario Avolio)