Sulla scorta dei principi ormai consolidati in tema di risarcimento dei danni da vacanza rovinata, la Cassazione ha riconosciuto ampie tutele ai fruitori di pacchetti viaggio anche nella singolare e, si spera, infrequente ipotesi in cui, nel paese prescelto per le vacanze, ci sia un’epidemia.
I giudici di legittimità hanno infatti rimarcato che la vacanza, per sua indubbia e innata funzionalità, è destinata a garantire la tranquillità e il dovuto relax al turista situazioni, queste ultime, che verrebbero irrimediabilmente compromesse laddove, nella località scelta, fosse in atto un’epidemia con pericolo anche solo eventuale di contagio.
In motivazione i Giudici della Cassazione precisano che un pacchetto vacanze “tutto compreso” deve “assicurare che la vacanza” sia ” fruita in condizioni di ordinaria tranquillità, secondo i canoni di valutazione propri di un turista medio” e, ancora, che “la finalita’ turistica” insita nella prenotazione di una vacanza “non si sostanzia negli interessi che rimangono nella sfera volitiva interna dell’acquirente il pacchetto viaggio costituendo l’impulso psichico che lo spingono alla stipulazione del contratto, ma viene ad obiettivarsi, seppur tacitamente, in tale tipo di contratto, divenendo interesse che lo stesso e’ funzionalmente volto a soddisfare, pertanto connotandone la causa concreta”.
In buona sostanza nell’ipotesi in cui si acquisti un pacchetto vacanze e’ implicito che il “preminente scopo vacanziero” sia “il benessere psico fisico nonchè il pieno godimento della vacanza come occasione di svago e di riposo”.
In ragione di ciò, laddove fossero lesi tali ultimi “diritti” fondamentali, il malcapitato turista non potrà che tutelarsi invocando la sopravvenuta impossibilita’ di utilizzazione della prestazione chiedendo il relativo rimborso.
I giudici di legittimità hanno infatti rimarcato che la vacanza, per sua indubbia e innata funzionalità, è destinata a garantire la tranquillità e il dovuto relax al turista situazioni, queste ultime, che verrebbero irrimediabilmente compromesse laddove, nella località scelta, fosse in atto un’epidemia con pericolo anche solo eventuale di contagio.
In motivazione i Giudici della Cassazione precisano che un pacchetto vacanze “tutto compreso” deve “assicurare che la vacanza” sia ” fruita in condizioni di ordinaria tranquillità, secondo i canoni di valutazione propri di un turista medio” e, ancora, che “la finalita’ turistica” insita nella prenotazione di una vacanza “non si sostanzia negli interessi che rimangono nella sfera volitiva interna dell’acquirente il pacchetto viaggio costituendo l’impulso psichico che lo spingono alla stipulazione del contratto, ma viene ad obiettivarsi, seppur tacitamente, in tale tipo di contratto, divenendo interesse che lo stesso e’ funzionalmente volto a soddisfare, pertanto connotandone la causa concreta”.
In buona sostanza nell’ipotesi in cui si acquisti un pacchetto vacanze e’ implicito che il “preminente scopo vacanziero” sia “il benessere psico fisico nonchè il pieno godimento della vacanza come occasione di svago e di riposo”.
In ragione di ciò, laddove fossero lesi tali ultimi “diritti” fondamentali, il malcapitato turista non potrà che tutelarsi invocando la sopravvenuta impossibilita’ di utilizzazione della prestazione chiedendo il relativo rimborso.
Ciò, tuttavia, a patto che la vacanza avesse le precipue finalità di svago e rilassamento appena riferite in quanto ulteriori e diverse finalità (ad es. il desiderio di allontanarsi per un periodo dal coniuge) rimarrebbero sprovviste di tutela. (© Dario Avolio)