Il reato di minaccia, di cui all’art. 612 c.p., non è configurabile, per mancanza di tipicità, laddove le frasi intimidatorie sono profferite all’interno di una coppia abituata ad utilizzare tali espressioni.
E’ questo l’orientamento che emerge in una recentissima sentenza della Cassazione in cui gli Ermellini hanno puntualizzato come sia proprio l’abitudine di una coppia a minacciarsi a far perdere l’efficacia intimidatrice delle frasi pronunciate.
Il caso sotteso alla decisione prende le mosse da una denuncia di una ragazza ai danni del fidanzato reo di aver indirizzato alla stessa minacce di morte durante alcuni litigi.
La difesa dell’accusato aveva spostato l’attenzone proprio sull’abitudine all’interno di quella coppia ad usare espressioni di tal fatta durante i litigi.
Il Gup accoglieva la linea difensiva proposta rilevando che, per le ragioni esposte, l’espressione astrattamente minacciosa, in realtà, avesse perso tale carattere in forza del frequente utilizzo durante le discussioni.
Tale motivazione è stata sposata in pieno dai giudici del palazzaccio a cui si era rivolta la Procura impugnando la decisione del non luogo a procedere.
E’ questo l’orientamento che emerge in una recentissima sentenza della Cassazione in cui gli Ermellini hanno puntualizzato come sia proprio l’abitudine di una coppia a minacciarsi a far perdere l’efficacia intimidatrice delle frasi pronunciate.
Il caso sotteso alla decisione prende le mosse da una denuncia di una ragazza ai danni del fidanzato reo di aver indirizzato alla stessa minacce di morte durante alcuni litigi.
La difesa dell’accusato aveva spostato l’attenzone proprio sull’abitudine all’interno di quella coppia ad usare espressioni di tal fatta durante i litigi.
Il Gup accoglieva la linea difensiva proposta rilevando che, per le ragioni esposte, l’espressione astrattamente minacciosa, in realtà, avesse perso tale carattere in forza del frequente utilizzo durante le discussioni.
Tale motivazione è stata sposata in pieno dai giudici del palazzaccio a cui si era rivolta la Procura impugnando la decisione del non luogo a procedere.
I massimi giudicanti motivano il rigetto del ricorso rilevando come la minaccia, rivolta dal ragazzo nei confronti della compagna, apparteneva al linguaggio abitualmente utilizzato dalla coppia e per tali ragioni “è senz’altro conforme a legge la valutazione che ha indotto il gup a ritenere che nei rapporti fra costoro la consuetudine della minaccia l’avesse privata di serietà, elidendone la normale efficacia intimidatrice”. (© Avv. Dario Avolio)