La Suprema Corte è recentemente intervenuta, con sentenza n. 12899 del 26 maggio 2010, sull’annosa questione relativa alla possibilità o meno per l’automobilista di ottenere il rimborso di quanto pagato a titolo di sanzione amministrativa laddove, successivamente, si accerti l’illegittimità del relativo verbale.
Il caso da cui prende le mosse la citata pronuncia, riguardava un’automobilista contravvenzionato per essere passato con il rosso, il quale aveva provveduto al pagamento della sanzione per poi impugnare il verbale innanzi al Giudice di Pace competente, ritenendolo del tutto illegittimo a seguito del sequestro dell’apparecchio photo-red con cui era stata rilevata la sua presunta irregolarità.
Il Giudice di Pace accoglieva la tesi difensiva del soggetto sanzionato ma l’amministrazione ricorreva innanzi ai giudici di legittimità ritenendo, viceversa, che il pagamento della sanzione avrebbe determinato l’assoluta inoppugnabilità del verbale di accertamento, tanto innanzi al Giudice di Pace, quanto innanzi al prefetto.
Gli ermellini, pronunciando definitivamente, accoglievano in pieno la tesi dell’amministrazione, anche alla luce di numerosi precedenti giurisprudenziali, secondo cui “il pagamento in misura ridotta, previsto dall’art. 202 del Codice della Strada “implica necessariamente l’accettazione della sanzione e, quindi, il riconoscimento, da parte dello stesso, della propria responsabilità e, conseguentemente, nel sistema delineato dal legislatore anche ai fini di deflazione dei processi, la rinuncia ad esercitare il proprio diritto alla tutela amministrativa o giurisdizionale”. (© Avv. Dario Avolio)