Rilevante approdo quello reso dal Supremo Collegio in una recentissima sentenza del marzo scorso, a conferma del pugno duro a cui i giudici si stanno conformando in tema di sinistri stradali con esiti mortali.
Decidendo il caso di un ragazzo morto dopo essere stato investito da un automobilista, passato con il rosso poiché in fuga a seguito del furto del veicolo sul quale marciava, la Suprema Corte ha riconosciuto la responsabilità dell’investitore per il reato di omicidio volontario e non colposo.
Nei primi due gradi di giudizio, in verità, l’automobilista era stato condannato per il più mite reato di cui all’art. 589 c.p. aggravato dalla previsione dell’evento.
Su ricorso della procura la Suprema Corte ha ribaltato tale decisione motivando che”il giudice d’appello avrebbe dovuto esaminare le modalita’ e la durata dell’inseguimento; il lasso di tempo intercorso tra l’inizio dello stesso e la sua trasformazione in mero controllo a distanza del furgone rubato; le complessive modalita’ di fuga e la sua protrazione pur dopo che la polizia aveva adottato una differente tipologia di vigilanza”.
Nel cassare la sentenza con rinvio gli Ermellini hanno quindi fornito un’interpretazione del sinistro verificatosi alla luce dell’art. 575 c.p., ravvisando gli estremi del dolo eventuale per giustificare, nel caso di specie, una condanna per omicidio volontario. (© Avv. Dario Avolio)